ANGELO GRIMALDI: La Costituzione di Cadice
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il “titolare” eserciterà il potere politico. L’unica risposta possibile è tramite rappresentanti.
Una volta affermato il principio rappresentativo, individuare il titolare della sovranità nella
“nazione” in quanto persona giuridica unitaria (Costituzione del 3 settembre 1791, artt. 1 e
2
del

Titolo

III)

o

nel

popolo,

in

quanto

insieme

della

generalità

dei

cittadini

(Atto
costituzionale del 24 giugno 1793, art. 21 e Costituzione del 5 fruttidoro anno III, art. 2
36
),
significa
individuare

un

principio

di

legittimazione

“dal

basso”

sul

quale

basare

il
fondamento del potere politico nel consenso dei soggetti governati. Nel caso spagnolo del
1812,
il

consenso

non

investiva

totalmente

l’elemento

popolare,

di

conseguenza

risulta
difficile
pensare

ad

un

principio

democratico

in

grado

di

legittimare

la

sovranità

del
parlamento in quanto espressione della “nazione” (ma non di tutto il popolo).
Restando ancorati al significato “romantico” di “Nazione” (in realtà “nazione” è una
figura giuridica astratta) se il parlamento avesse rappresentato tutto il popolo spagnolo si
sarebbe potuto parlare di “piena condivisione della sovranità” pur nell’ambito di un sistema
costituzionale “dualistico” e non “monistico” (fusione “parlamento/governo”).
La grande trasformazione della rappresentanza
37
è avvenuta durante la rivoluzione
francese. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) afferma, tra gli altri,
un
grande

principio

di

organizzazione

politica:

quello

della

sovranità

nazionale:

“Il
principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo
può
esercitare

un’autorità

che

non

emani

espressamente

da

essa”

(articolo

3).

Questo
principio fu inserito nell’articolo 1 (Titolo III) della Costituzione del 3 settembre 1791: La
sovranità
è

una,

indivisibile,

inalienabile

e

imprescrittibile.

Essa

appartiene

alla

Nazione;
nessuna sezione del popolo, né alcun individuo può attribuirsene l’esercizio”.
36
Armando Saitta, Costituenti e costituzioni della Francia moderna, cit., 122 e 154.
37

Sull’eliminazione

dei

corpi

intermedi

Rescigno

scrive:

La

rivoluzione

francese

libera

anche

la

forza-
lavoro, distruggendo tutte le residue corporazioni artigiane e professionali […] La legge “Le Cha pelier” del
1791, rimasta in vigore per molti decenni,
vietava le coalizioni operaie (i sindacati) con sanzioni detentive.
Per
la

rivoluzione

la

concorrenza

deve

essere

legge

per

tutti,

anche

per

gli

operai;

l’individualismo

deve
affermarsi
pienamente,

contro

ogni

tentativo

di

sostituire

la

forza

del

gruppo

al

libero

individuo.

L’ideale
borghese
mostra

immediatamente,

sotto

la

veste

astratta

e

universale,

la

sua

natura

di

classe.

Il

borghese
liberato, in quanto proprietario, è realmente libero; l’operaio liberato (sciolto cioè da tutti i vincoli) diventa
ancora
più

schiavo,

perché

privo

di

ogni

ricchezza

materiale”.

Giuseppe

Ugo

Rescigno,

Corso

di

Diritto
Pubblico,
cit.,

93.

Su

questo

aspetto

si

veda

l’interessante

lavoro

di

John

Rogers

Commons,

Legal
Foundations of Capitalism (New York: Macmillan, 1924), 130-143.